top of page
IMG_1059.jpeg

Il Palazzo

Il Circolo Bononia risiede da mezzo secolo nel cinquecentesco Palazzo dei Conti Bolognetti, famiglia a Bologna dal 1200, di dignità senatoria dal 1556.

 

Il Palazzo sorge all’ombra delle Due Torri, il simbolo petroniano nel mondo, a fianco del medioevale Palazzo della Mercanzia, dall’inconfondibile mole merlata dominata dalla trina marmorea della Loggia del Carrobbio.

 

Palazzo Bolognetti, eretto nel 1551, ha una storia affascinante.

 

Sorge sul trecentesco edificio della Gabella Vecchia, di cui restano i vasti sotterranei, ora del Circolo, con volte a costoloni retti da pilastri ottagonali, tipici degli edifici della Bologna gotica. Nel XIV secolo questi vani erano utilizzati dalla Gabella come residenza della compagnia dei mercanti e dei banchieri e come deposito di merci preziose.

 

I Bolognetti, in origine una famiglia di mercanti, dal XIII secolo già alla ribalta della vita pubblica cittadina, abitavano in quell’area urbana fin dal XIV secolo. 

Nel XV, divenuti grandi giuristi e docenti all’ateneo bolognese, vivevano esattamente nello stesso luogo del palazzo odierno. 

 

La famiglia fu decimata dalla distruzione della dimora d’allora nel 1484, causata dal crollo della vetusta contigua torre dei Dalle Perle che rovesciò sugli edifici vicini abbattendoli in un’area di 40 metri per 25. Il suo basamento è ancora inglobato nel Palazzo della Mercanzia.

 

La tragedia, narrata dalle cronache, scosse profondamente tutta la città. In quel terribile mezzogiorno del 3 aprile del 1484 persino il Signore di Bologna, Giovanni II Bentivoglio, accorse a prestare aiuto nella ricerca dei superstiti tra le macerie e nel recupero delle ventitré salme rintracciate sotto il palazzo distrutto.

Della famiglia, sopravvisse al disastro solo il giovane Ercole, che era con un domestico negli antichi sotterranei, ora appartenenti al Circolo; i suoi due cuginetti Giacomo e Lodovico, tra loro fratelli, si salvarono perché in quel momento erano a scuola. Solo i tre giovanetti continuarono la stirpe.

 

L’allora Prolegato Pontificio Cardinale Giuliano della Rovere, futuro Papa Giulio II, tolse dazi e gabelle alla famiglia cui affidò lo sgombero delle enormi macerie della torre e degli altri edifici crollati sotto di essa, in modo da facilitare la veloce ricostruzione della dimora e dell’area.

 

I Bolognetti successivamente acquisirono sempre maggior prestigio, giungendo alla dignità senatoria per volontà di Papa Paolo IV nel 1556 con Francesco, grande letterato e amante delle arti, autore del poema eroico “Il costante” del 1565. 

 

Le nobili famiglie senatorie bolognesi tra il 1466 e il 1797 costituirono il Senato bolognese, massimo organo governativo della città, seconda dopo Roma nello Stato Papale; erano subordinate al Legato Pontificio, nel numero inizialmente di 40 poi di 50 e alla fine del XVIII secolo, ormai in veste puramente simbolica, 99.

 

Il ruolo delle famiglie senatorie è fondamentale nella storia dell’arte bolognese. Dal momento che la loro funzione politica nello Stato Pontificio era solo un’ombra di ciò che era stata in età comunale, gli impegni più notevoli dal punto di vista finanziario e intellettuale riguardarono proprio la costruzione di palazzi, ville ed edifici di culto.

 

I Bolognetti, dopo la nomina senatoria, diedero a Bologna e allo Stato Pontificio condottieri, cardinali, grandi studiosi ed eminenti docenti dell’ateneo bolognese e romano, principalmente giuristi, ma anche medici e letterati. 

 

Nel 1551, Camillo, figlio di Giacomo sopravvissuto alla strage, edificò l’attuale Palazzo Bolognetti che rappresentasse il nuovo status familiare, in stile rinascimentale, conservando però i sotterranei antichi, che avevano salvato la vita di Ercole, e il porticato eretto dopo la tragedia.

 

Palazzo Bolognetti rappresenta un esempio abbastanza raro dell’architettura rinascimentale bolognese, caratterizzato soprattutto dalla ricchezza e dalla raffinatezza delle sculture e dei fregi architettonici in arenaria che ne decorano finemente le facciate e particolarmente gli interni: vestibolo, loggiato, cortile, scalone e atrio, sono un equilibrato trionfo di plasticismo. 

 

L’energia dell’impianto architettonico del palazzo pare attribuibile ad Antonio Morandi detto il Terribilia, anche se alcuni non abbandonano l’idea di Pellegrino Tibaldi.

 

Il fronte in laterizio è contraddistinto da armonia ed eleganza.

 

Il portico si articola in quattro arcate frontali e due laterali, sorrette da colonne ottagonali con capitelli in arenaria in stile corinzio e composito. Le ghiere degli archivolti sono fasciate da formelle in cotto con motivi a tortiglione e animali fantastici.

 

Sopra ad un cornicione poggiano le quattro finestre del piano nobile, corrispondenti alle arcate del portico quattrocentesco, inquadrate da semicolonne ioniche in arenaria sulle quali le cimase, diverse l’una dall’altra e coronate da vasi in rilievo, recano motivi decorativi anch’essi in pietra arenaria, tra cui spiccano figure femminili, teste leonine e satiri. 

 

Al centro dell’edificio, tra le due finestre centrali, si apre una piccola porta finestra coronata da un fastigio di volute che si affaccia su un balcone più tardo, settecentesco, in ferro battuto.

 

Le finestre dell’ultimo piano, quadrate con semplice cornice di contorno, sono inserite tra due modanature architettoniche che scandiscono orizzontalmente l’edificio.

 

Lo stesso schema è ripetuto sulle facciate laterali. 

Sulla finestra centrale del lato meridionale, nel fastigio, un’iscrizione sostenuta da due puttini ricorda la costruzione del palazzo da parte di Camillo Bolognetti: 

CAMILLVS BOLOGNETTVS A FVNDAMENTIS / F (ieri) CVRAVIT / ANNO MDLI. 

Sullo stesso lato è riproposto lo stemma della famiglia Rambaldi che per ultima possedette l’edificio.

 

La porta d'ingresso, inquadrata nella seconda arcata di portico sul fronte del palazzo, è fiancheggiata da due semicolonne ioniche e da bugne. 

 

La decorazione scultorea dell’interno, che trova pochi riscontri a Bologna, è attribuibile ad Andrea Marchesi da Formigine, grande scultore e architetto, e alla sua bottega.

 

I soggetti di grande plasticismo che animano tutti gli interni, dal vestibolo, lungo il quale si apre una piccola loggia di due archi sorretti da colonne doriche in pietra, fino allo scalone e poi all’atrio del piano nobile, sono di impronta nettamente classicistica, ispirati all’età romana: festoni di fiori e frutti, puttini, scene di caccia, protomi mostruose, imagines clipeatae, si uniscono ai prevalenti temi mitologici dove trionfa la presenza del ciclo erculeo. 

 

È affascinante ipotizzare che Pompeo Bolognetti, valoroso condottiero all’epoca della costruzione del palazzo, sia stato l’ispiratore delle finissime sculture raffiguranti guerrieri romani nello scalone che, insieme a quelle dedicate ad Ercole e alle sue imprese, probabilmente scelto come eroe eponimo in onore del nuovo capostipite sopravvissuto alla tragedia di alcuni decenni prima, esaltano i trionfi militareschi della famiglia.

 

In perfetta armonia con questi è il motto della casata “virtute malitia superatur” che campeggia sotto al rilievo di Ercole che vince il malvagio Caco, opera di grandissima raffinatezza plastica nell’atrio del piano nobile, accanto all’attuale ingresso del Bononia.

 

Il motto è ora divenuto il motto del Circolo. 

 

Sotto il sontuoso soffitto ligneo intagliato e dorato si aprono eleganti porte in arenaria con mensoloni cinquecenteschi sostenuti da cariatidi e telamoni di cui uno raffigura ancora una volta Ercole, l’immagine più ricorrente delle decorazioni scultoree. 

 

All’interno erano conservati dipinti di Giovanni Francesco Bezzi detto il Nosadella.

 

I saloni interni, prevalentemente di decorazione cinquecentesca con soffitti a cassettoni dipinti da colte maestranze e slanciati camini coevi, oppure con raffinate pitture grottesche, ora ospitano il Circolo.

,

I decori alle pareti in cuoio bulinato e dorato richiamano la tradizione spagnola, forse sono dovuti all’influenza nel gusto della famiglia della corte di Carlo V, incoronato Imperatore nella Basilica di San Petronio il 24 febbraio 1530 nel giorno del suo compleanno? Difficile stabilirlo. Certo è che sono rarissimi in queste terre, a Bologna assenti altrove.

 

Nel 1725 I Bolognetti divennero Principi.

Prima dell'estinzione che avvenne nel 1773, la famiglia, nel ramo romano unitasi ai Cenci con il matrimonio tra Virginio Cenci e Anna Maria Bolognetti principessa di Vicovaro, dando origine ai Cenci Bolognetti, il 24 aprile 1743 decise di vendere il palazzo al Marchese Leonida Spada. 

Il nuovo proprietario apportò ammodernamenti nei decori secondo il gusto dell'epoca, visibili ora in un salone Rococò del piano nobile.

 

Purtroppo furono distrutte in quell’occasione importanti vestigia cinquecentesche, come superbi camini in pietra, scolpiti dal Formigine e dipinti da Angelo Michele Colonna, e splendidi fregi dipinti dal Tibaldi, nonché la mirabile pittura del Nosadella nel salone al piano terreno.

 

Questa raffigurava, secondo le fonti, il Consiglio degli Dei, al centro, affiancato da un lato da Venere servita da amorini e dall’altro da Bacco con il suo corteggio. Ornavano tutto il fregio quattro cartelle con il ciclo delle Storie di Camillo: gli ambasciatori romani che incitano Camillo a rientrare in patria, l’assalto dei Galli al Campidoglio scongiurato dalle oche, la pesatura dell’oro richiesto dai barbari mentre sopraggiunge Camillo, la sconfitta dei Galli nella via Gabina. Anche i camini della stessa sala erano dipinti dal Nosadella. 

 

Dopo un breve passaggio di mano alla famiglia Savini, il palazzo fu venduto alla fine del XIX secolo ai Rambaldi, il cui emblema araldico compare in una delle facciate laterali. 

 

Con loro fu concluso l’acquisto nel 1968 da parte di Soci del Bononia.

 

Palazzo Bolognetti non è un mero contenitore architettonico per il Circolo, bensì si intreccia alla sua vita: il prospetto e il rilievo di Ercole che vince Caco con il motto del casato “virtute malitia superatur” sono divenuti gli emblemi del Bononia.

IMG_1107.jpeg
IMG_1102.jpeg
IMG_1131.jpeg
bottom of page